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ELISIR

L'etimologia della parola ELISIR ci riporta all'arabo الإكسير (al-'iksīr), nome della "pietra filosofale" che, a sua volta, ha origine dal greco bizantino ξήριον (xērion), proveniente dal greco classico ξηρός (xēros), che significa "polvere secca". La pietra filosofale (in latino: lapis philosophorum) è, per eccellenza, la sostanza catalizzatrice simbolo dell'alchimia, capace di risanare la corruzione della materia. Essa ha un triplice potere: fornire un ELISIR di lunga vita in grado di conferire l'immortalità, e di  costituirsi come panacea universale per qualsiasi malattia; far acquisire l'onniscienza (ecco perché "filosofale"); il potere di trasmutare in oro i metalli vili. Nonostante ELISIR derivi da ξηρός = polvere secca, è concepito in forma liquida, come liquore, risultando perciò governato dall'archetipo della femminilità in particolare dalla Luna che presiede ai processi umidi di rigenerazione della vita. Nella storia della scienza e della medicina, il termine ELISIR ha assunto diversi significati. In origine, si riferiva alla sostanza che avrebbe dovuto trasformare i metalli vili in oro o conferire l'immortalità. Più tardi, si usò per indicare soluzioni idroalcoliche dolcificate e aromatizzate, contenenti principi attivi di origine vegetale o minerale. Alcuni esempi sono l'ELISIR di china, usato come antimalarico, o l'ELISIR di lunga vita, una bevanda liquorosa a cui si attribuiva la virtù di prolungare la vita. Oggi il termine ELISIR è caduto in disuso in ambito farmaceutico, ma rimane vivo nel linguaggio comune e nella letteratura per indicare una sostanza miracolosa o benefica. Un esempio famoso è l'ELISIR d'amore, una pozione magica che fa innamorare chi la beve, protagonista dell'omonima opera buffa di Gaetano Donizetti. Insomma, la parola ELISIR è usata per indicare vari tipi di liquori a base di sostanze medicamentose, droghe e principi amari a cui spesso in passato venivano attribuite miracolose proprietà curative o quella di allungare la vita. 

Decima illustrazione da un'edizione del XVII secolo del trattato alchemico Donum Dei di Georges Aurach.

PROFUMO

L'etimologia della parola profumo è da ricondursi al francese parfum, a sua volta dal latino per-fumus, (cioè attraverso il fumo). Più in dettaglio, il prefisso per- =attraverso, ha valore strumentale (per mezzo di, tramite...) mentre la parola fumo, in questo caso col significato di odore, fragranza sembra derivare dalla  radice sanscrita DHÛ-, che in senso letterale significa "agitare", "eccitare" ed, in senso lato, "esalare". Infatti, l'originaria dh- si è trasformata in f- (labiale aspirata). Per cui, da dhû-mas (cioè fumo, in sanscrito) a f- um- us (cioè fumo, in latino) il passo fu breve. Quindi, il profumo, altro non è che la fragranza portata all'olfatto attraverso il fumo, cioè un'esalazione di aromi gradevoli, effusi da essenze, un tempo solitamente ottenute in natura da erbe, piante, fiori, ma oggi anche chimicamente, in laboratorio.

ILLAZIONE

L'etimologia della parola illazione ci riporta al latino "illatio", a sua volta da illatus, participio passato di inferre, letteralmente "portare dentro", "inferire", ed in senso lato, "trarre conseguenze", "insinuare". L'illazione è il processo mentale attraverso il quale si ricava da alcune premesse una conseguenza che ne deriva o pare derivare. In origine, significava "conclusione derivata come conseguenza logica da una premessa" ed era sinonimo di "deduzione". Col passare del tempo, il termine illazione andò acquisendo una sfumatura negativa, esprimendo, più marcatamente, l'aspetto arbitrario e scarsamente fondato della congettura stessa. Infatti, nel linguaggio corrente, illazione è sinonimo di giudizio arbitrario, insinuazione, supposizione, congettura, ipotesi. Insomma, l'illazione è un giudizio temerario, non fondato su rigorosi criteri logici. L'illazione, se espressa pubblicamente, potrebbe includere aspetti diffamatori.

Illazioni...

ALDO

L'etimologia del nome Aldo è da ricondurre all'antico germanico. Vi sono però varie interpretazioni etimologiche. Di seguito, le più accreditate:        

  1. Dalla  radice ald- = vecchio o, in senso lato, esperto, saggio (vedi l'inglese old);
  2. Dall'antico germanico adal o (athal) = nobile;
  3. Dall'antico germanico wald = potente, forte (vedi l'antico germanico waldan = comandare);
  4. Dal celtico althos = bello, avvenente.
  5. Dal germanico aldio = semilibero che indicava tra i Germani  chi si trovava nella posizione sociale fra servo e liberto.
Alcuni studiosi sostengono che il nome Aldo costituisca un "ipocoristico" di altri nomi comincianti con la radice ald-, (questi termini sono molto comuni nell'onomastica d'origine germanica e spesso si confondono l'uno con l'altro, ad esempio in nomi quali Aldighiero, Aldobrando e Aldovino). 
Il nome Aldo venne portato dai popoli germanici dell'Europa settentrionale e centrale, come i Longobardi, i Goti e i Franchi. Nel corso dei secoli, il nome si diffuse in altre parti del mondo grazie all'influenza della cultura germanica e alla cristianizzazione. In Italia, il nome Aldo divenne particolarmente popolare a partire dal XIX secolo, grazie alla popolarità dell'opera lirica "La Gioconda" di Amilcare Ponchielli, in cui uno dei personaggi principali si chiama Aldo. L'opera riscosse un grande successo in Italia e all'estero, portando alla diffusione del nome Aldo soprattutto nelle regioni del Nord Italia, come la Lombardia, il Veneto e il Piemonte. Il nome Aldo è stato portato da diverse personalità di spicco nella storia e nella cultura. Tra i personaggi italiani famosi con questo nome si possono citare:
  • Aldo Fabrizi, attore, regista, sceneggiatore, produttore e poeta ;
  • Aldo Giuffré, attore, comico e doppiatore ;
  • Aldo Grasso, giornalista, critico televisivo e docente;
  • Aldo Moro, politico e accademico;
  • Aldo Palazzeschi, scrittore e poeta;
  • Alda Merini, poetessa, aforista e scrittrice;
L'onomastico si festeggia il 10 gennaio in ricordo di sant'Aldo, eremita a Carbonara al Ticino. Per il femminile, Alda o Aldina, si può festeggiare invece il 26 aprile, ricorrenza della beata Alda di Siena, 

La poetessa e scrittrice Alda Merini

SARA

Originariamente, il nome Sara deriva dalla lingua ebraica e si scrive come שָׂרָה (Sarah), che significa "principessa", "signora", o "nobile". Questo termine deriva dalla radice ebraica "sar", che significa "principe", "capo", "comandante", o "uomo di stato". Il nome Sara è stato reso famoso dalla Bibbia, dove Sara è la moglie di Abramo, il patriarca ebreo. Secondo la tradizione ebraica, Sara era una donna di grande bellezza e saggezza, e fu scelta da Dio per diventare la madre di Isacco, il figlio della promessa.  Il suo nome venne cambiato da Dio, in quanto essa era in origine chiamata שָׂרָי (Saray), che significa probabilmente "litigiosa" Il nome Sara è stato usato per indicare una donna rispettata e di grande importanza, come nel caso della regina Sara, moglie del re Davide, menzionata nella Bibbia. Il nome Sara è stato anche utilizzato nella cultura araba, dove viene trascritto come سارة (Sara) e ha lo stesso significato di "principessa" o "nobile". Il nome è ampiamente utilizzato in tutto il mondo, ed è stato portato da molte donne famose, tra cui la scrittrice statunitense Sara Teasdale, la poetessa italiana Sara Venturi, e l'attrice britannica Sara Crowe. In Italia, il nome Sara è stato introdotto nel Rinascimento, ma è diventato particolarmente popolare negli anni '70 e '80. Nel corso degli anni, il nome è stato associato a donne forti e indipendenti, come Sara Levi-Tanai, una famosa compositrice israeliana, e Sara Simeoni, una campionessa olimpica italiana nel salto in alto. Oggi, il nome Sara continua ad essere molto popolare in Italia e in molte altre parti del mondo, ed è spesso scelto per le neonate come segno di nobiltà, bellezza e forza. L'onomastico si festeggia il 20 aprile in memoria di santa Sara, martire ad Antiochia; mentre la biblica Sara, moglie di Abramo, è commemorata solo dalla Chiesa copta il 19 agosto; tutte le altre confessioni non la ricordano singolarmente, e i cattolici possono eventualmente ricordarla lo stesso giorno del marito (il 9 ottobre) oppure assieme agli altri antenati di Gesù (il 24 dicembre). Varianti del nome Sara sono: Saretta, Sarina, Sarah, Sally.

Sara e Abramo ospitano i tre angeli

BENE

L'etimologia della parola "bene" risale all'antica lingua indoeuropea, più precisamente  alla radice "dwen-" che aveva il significato di "amico" o di "amare". La stessa radice si ritrova poi nell’aggettivo antico latino “duonus” da cui “bonus” o “benus” e nell’avverbio “bĕne”. Infatti, nel latino classico, la parola "bĕne" era utilizzata come avverbio e significava "bene, benevolmente,  giustamente, positivamente". Inoltre, la parola "bĕne" poteva essere utilizzata come sostantivo per riferirsi ai beni materiali o alla ricchezza. Nel Medioevo, la parola "bene" assunse un significato più ampio e complesso. Nel contesto della filosofia e della teologia medievale, il termine "bene" è stata utilizzato per descrivere l'essenza stessa della divinità e della virtù. Inoltre, la parola è stata utilizzata per descrivere il comportamento morale degli individui e per indicare la ricerca della felicità e della perfezione. Nella lingua italiana moderna, la parola "bene" ha mantenuto gran parte dei suoi significati originari, ma ha anche assunto nuove sfumature di significato. Ad esempio, "bene" può essere utilizzato quale sinonimo di "sano" o "in salute", come ad esempio nella frase "mi sento bene". Inoltre, la parola "bene" è utilizzata in molte espressioni idiomatiche e frasi fatte, come ad esempio "fare del bene" o "andare bene".



CRETINO

L'etimologia della parola cretino sembra essere correlata indirettamente alla parola cristiano, non in senso di disprezzo ma di commiserazione: infatti essa deriva dal franco-provenzale crétín  (a sua volta, dal francese antico chrétien) = cristiano, ma nel senso generico di "povero cristo, pover'uomo, poverino…" (da tenere presente che la parola cristiano/a è tutt'ora utilizzata, specialmente nei dialetti, per indicare in senso lato una  persona qualsiasi, come sinonimo di uomo o donna).  La parola "cretino" assume un significato medico-scientifico nel XVIII secolo, quando la patologia nota come cretinismo comincia ad attirare l'attenzione della medicina. Infatti, fu denominata "cretinismo" una malattia endemica che colpisce gli abitanti di territori poveri di iodio, come come la Svizzera e le Alpi francesi, dove, essendo la dieta  basata principalmente su prodotti agricoli poveri di iodio, l'incidenza del cretinismo era molto elevata.. I sintomi di tale  patologia si manifestano con un ritardo mentale e fisico, più o meno grave, sino al punto di precludere la capacità di comprendere la fede cristiana. Successivamente, la parola cretino, abbandonò l'accezione medica e finì per acquisire quella prettamente dispregiativa indicando persona stupida, scema, imbecille, deficiente, idiota...

Raffigurazione di persona affetta da "cretinismo"

GIOVANNI

Il nome "Giovanni" ha origine dal greco antico Ἰωάννης (Ioannes), che a sua volta deriva dall'ebraico יוֹחָנָן (Yohanan). Il nome Yohanan era molto diffuso tra gli Ebrei, soprattutto durante il periodo del Secondo Tempio a Gerusalemme. Esso è composto dalle parole יוֹהָנָן (Yahweh, il nome di Dio) e חָנַן (chanan) che significa "avere pietà", "essere misericordioso". Il nome Giovanni è stato portato da numerosi personaggi storici e religiosi nel corso dei secoli. Il più famoso tra di essi è certamente Giovanni Battista, il profeta che battezzò Gesù nel fiume Giordano. Nel Nuovo Testamento, il nome "Giovanni" viene menzionato anche come il nome dell'autore del Vangelo di Giovanni, uno dei quattro vangeli canonici che narrano la vita e gli insegnamenti di Gesù. Il nome Giovanni è stato molto popolare nella cultura cristiana, tanto che nel Medioevo veniva utilizzato come un vero e proprio appellativo per indicare una persona che aveva abbracciato la vita religiosa. Questo nome, inoltre, ha  avuto grande diffusione in varie parti del mondo e ha numerose varianti in diverse lingue. In Italia, secondo dati raccolti negli anni settanta, è stato il secondo nome per diffusione, preceduto solo da Giuseppe e seguito da Antonio. In Inghilterra divenne talmente comune che, nel tardo Medioevo, era portato da circa un quinto di tutti i maschi inglesi; nel XIV secolo rivaleggiava in popolarità con William, ed era utilizzato, al pari dell'italiano Tizio, come appellativo per indicare una persona qualunque. In Italia, il nome "Giovanni" è stato portato da numerose personalità importanti, sia del passato sia contemporanee, tra cui Giovanni Boccaccio, Giovanni Pascoli, Giovanni Verga, Giovanni Giolitti, Giovanni Leone, Giovanni Falcone e Giovanni Paolo II. Il nome è ancora molto comune in Italia e viene spesso abbreviato in "Giovannino", "Gianni"," Ianni", "Nanni", "Vanni", "Giò". Generalmente, l'onomastico si festeggia in memoria dei due santi maggiori a portare questo nome, Giovanni Battista e Giovanni apostolo ed evangelista; il primo è commemorato dai cattolici il 24 giugno e dagli ortodossi il 7 gennaio; il secondo è ricordato il 27 dicembre dai cattolici e l'8 maggio dagli ortodossi. Sono però moltissimi  (oltre trecento) i santi e i beati con questo nome.

Giovanni Falcone  (1939 -  1992)

ANARCHIA

La parola "anarchia" deriva dal greco antico "αναρχία" (anarkhia), composta da "an" (privativo) e "arkhos" (governante, capo, principe), che significa letteralmente "senza governo" o "assenza di autorità". L'anarchia è un'ideologia politica che sostiene l'eliminazione di ogni forma di autorità e di dominio, incluso lo Stato. Secondo i principi dell'anarchismo, la società deve essere organizzata in modo tale da permettere ai singoli individui di vivere liberi e in armonia tra loro, senza subire alcuna forma di oppressione. L'obiettivo principale dell'anarchismo è la creazione di una società libera ed egualitaria, in cui le persone sono in grado di governarsi da sole senza la necessità di un'autorità centrale. L'anarchismo si basa sull'idea che la libertà individuale sia la massima priorità, e che ogni forma di governo o di autorità rappresenti una minaccia alla libertà personale. L'anarchismo rifiuta anche l'idea di proprietà privata, sostenendo che la terra e le risorse naturali debbano essere condivise e utilizzate in modo equo da tutti. Esistono diverse correnti dell'anarchismo, tra cui l'anarchismo individualista, l'anarchismo socialista, l'anarco-sindacalismo, l'anarchismo ecologista e l'anarchismo femminista. Nonostante le differenze tra le varie correnti, tutte le forme di anarchismo hanno in comune la convinzione che la società debba essere organizzata in modo tale da permettere la massima libertà possibile ai singoli individui, senza l'ingerenza di autorità esterne. 

Per completare ulteriormente la descrizione dell'anarchismo, è importante menzionare alcuni dei principi e dei valori fondamentali su cui si basa questa ideologia:

Autogestione: l'anarchismo sostiene l'idea che la gestione delle attività sociali e produttive debba essere affidata ai singoli individui e alle comunità, piuttosto che a un'autorità centrale. L'idea è quella di creare una società in cui le persone siano in grado di gestire le proprie attività e le proprie risorse in modo autonomo, senza la necessità di un governo o di un'organizzazione centralizzata. 

Cooperazione: l'anarchismo promuove l'idea della cooperazione e della solidarietà tra i singoli individui e le comunità. L'obiettivo è quello di creare una società in cui le persone lavorano insieme per raggiungere obiettivi comuni, piuttosto che competere tra loro per il potere o le risorse.

Decentralizzazione: l'anarchismo sostiene l'idea della decentralizzazione del potere, in cui le decisioni politiche e sociali vengono prese a livello locale o comunitario, piuttosto che a livello nazionale o internazionale. L'obiettivo è quello di creare una società in cui i singoli individui e le comunità abbiano il potere di decidere autonomamente le proprie politiche e i propri comportamenti.

Anticapitalismo: l'anarchismo rifiuta l'idea del capitalismo come sistema economico, sostenendo che questo sistema favorisca la concentrazione del potere e delle risorse nelle mani di pochi individui o organizzazioni. L'obiettivo è quello di creare una società in cui le risorse e le attività economiche vengono gestite in modo equo e sostenibile.

Libertà individuale: l'anarchismo promuove l'idea della libertà individuale come valore fondamentale, sostenendo che ogni individuo debba essere libero di scegliere il proprio stile di vita e le proprie attività, senza l'ingerenza di un'autorità esterna.

La storia dei movimenti anarchici inizia nel XIX secolo, in Europa, come risposta alle ingiustizie sociali e all'oppressione dei governi dell'epoca. Il primo pensatore anarchico riconosciuto è Pierre-Joseph Proudhon, che nel 1840 pubblicò il libro "Che cos'è la proprietà?", in cui sosteneva l'idea che la proprietà privata fosse la causa principale delle ingiustizie sociali. Negli anni '70 del XIX secolo, l'anarchismo cominciò ad avere un ruolo importante nelle lotte operaie e sindacali, in particolare in Spagna e in Francia. Nel 1871, durante la Comune di Parigi, gli anarchici presero parte ai combattimenti contro il governo francese, e in seguito si unirono ai movimenti sociali e politici per la difesa dei diritti dei lavoratori. Negli anni '80 del XIX secolo, l'anarchismo si diffuse anche in America, dove i movimenti anarchici si unirono alle lotte contro lo sfruttamento dei lavoratori da parte delle grandi imprese industriali. In questo periodo, l'anarchismo si sviluppò anche in Russia, dove i movimenti anarchici sostennero la rivoluzione del 1905. Durante il XX secolo, l'anarchismo continuò a essere una forza importante nelle lotte sociali e politiche in tutto il mondo. Negli anni '20 e '30, gli anarchici si unirono alle lotte per la rivoluzione in Messico e in Spagna. In quest'ultimo paese, gli anarchici parteciparono attivamente alla Guerra civile spagnola, in cui sostennero la creazione di comunità autogestite e di organizzazioni sindacali indipendenti dallo Stato. Dopo la Seconda guerra mondiale, l'anarchismo subì una fase di declino, in parte a causa della crescita del comunismo e della distruzione delle organizzazioni anarchiche durante la guerra. Tuttavia, negli anni '60 e '70, l'anarchismo conobbe una rinascita, grazie alla partecipazione ai movimenti studenteschi e alle lotte contro la guerra in Vietnam. Negli anni '80 e '90, l'anarchismo si diffuse in tutto il mondo, in particolare in America Latina, dove i movimenti anarchici sostennero le lotte per la giustizia sociale e la democrazia. In Europa, l'anarchismo si unì alle lotte contro il neoliberismo e la globalizzazione, e sostenne la creazione di nuove forme di organizzazione sociale e politica basate sulla cooperazione e l'autogestione. Nel XXI secolo, l'anarchismo continua a essere una forza politica importante, in particolare nelle lotte per la difesa dell'ambiente, dei diritti dei migranti e della giustizia sociale. Gli anarchici si impegnano anche nella creazione di comunità autogestite e di organizzazioni che siano indipendenti dallo Stato e dal potere economico. Inoltre, l'anarchismo ha contribuito allo sviluppo di nuove forme di attivismo e di resistenza a volte nonviolenta, come le manifestazioni di Occupy e il movimento dei gilet gialli in Francia.

Pierre-Joseph Proudhon (1809 - 1865)

BECERO

L'etimologia della parola becero è alquanto incerta. L'ipotesi etimologica più plausibile è quella che individua nel termine dialettale fiorentino pècoro, (da cui beco) cioè persona rozza, volgare nei modi ma soprattutto nel parlare in modo triviale e insolente. Un'altra ipotesi, forse meno plausibile, individuerebbe le origini del termine becero nella parola latina vocilāre o vociare cioè tenere un comportamento chiassoso, parlando, a voce alta, troppo e male degli altri. Sinonimi di becero: rozzo, volgare incivile, maleducato, , scortese, sgarbato, sguaiato, villano, zotico etc...

Frasi celebri con la parola becero:

"L’interesse non è che la chiave delle azioni becere". (Honoré de Balzac)

"Le persone becere sono sempre disposte a insozzare qualsiasi sentimento, anche il più nobile, proprio perché sono incapaci di concepirlo". (Oscar Wilde)

"Il bisogno di aver ragione: segno di spirito becero". (Albert Camus)

"È una cosa di cattivo gusto, comandare, e spiacevolissima. Perché pone a contatto coi beceri e con gli ottusi, costringe a esercitare la volgarità del potere, limita la libertà sia di chi comanda che di chi è comandato, infine inebria i presuntuosi.“ (Oriana Fallaci)

MATTINO - MATTINA - MATTINATA

L'etimologia dei sinonimi mattino, mattina e mattinata si riallaccia al latino (tempus) matutinus cioè (tempo) del mattino, (hora) matutīna cioè (ora) del mattino. La parola  latina "matutīna" si riferiva a Matuta, dea romana associata all'alba e al primo mattino. Nella mitologia romana, Mater Matuta (in italiano Madre Propizia) era la dea del Mattino o dell'Aurora e, quindi, protettrice della nascita degli uomini e delle cose. Più tardi fu associata alla dea greca Eos, meglio nota come Aurora. A sua volta, l'etimologia del nome Matuta, alquanto incerta, potrebbe derivare dall'indoeuropeo "mā-tu-to‑", cioè mattiniero, mattino, oppure da "mā-tu-ro‑" cioè maturo, pronto per il raccolto. Per questi motivi, le parole (hora) matutina o (tempus) matutino furono utilizzate per descrivere l'arco della giornata durante il quale Matuta era venerata. Nel corso del tempo, il significato di "matutinus" si è evoluto per includere non solo il momento in cui si venerava la dea, ma anche, più genericamente, il periodo di tempo compreso tra la mezzanotte e il mezzogiorno. In italiano, "mattinata" è diventato un termine comune per descrivere questa prima parte della giornata quando il sole sorge e il giorno inizia a prendere forma. Infatti, nel corso dei secoli, il termine "matutīna" è diventato "mattina". Oltre al significato temporale e simbolico, la parola "mattina" ha anche un significato emotivo e psicologico: essa è spesso associata a un momento di nuovo inizio, di freschezza e di energia. Per molte persone, la mattina rappresenta un momento di riflessione, di meditazione e di concentrazione, prima di affrontare le attività quotidiane. 


Statuina della Mater Matuta (II secolo a.C.)
(fonte: https://it.wikipedia.org/wiki/Mater_Matuta)

ANNA

L’etimologia del nome Anna si riallaccia all’ebraico חַנָּה (Channah o Hannah) che significa "grazia" o "favore". Nell’Antico Testamento, Hannah era una donna molto devota e fedele, che pregava instancabilmente per avere un figlio. La sua preghiera venne infine esaudita, così diede alla luce Samuele, che divenne uno dei più importanti profeti d'Israele. Hannah è descritta come una donna molto coraggiosa e devota, e il suo nome divenne sinonimo di bellezza interiore eamorevolezza. Anche nel Nuovo Testamento, troviamo un personaggio di nome Anna, l'anziana profetessa di Gerusalemme che, assieme a Simeone, riconobbe in Gesù bambino il Messia. Secondo una tradizione più tarda rispetto ai Vangeli, la madre di Maria aveva come nome Anna; ciò contribuì in maniera rilevante alla diffusione di questo nome durante il medioevo. Altri studiosi sostengono che Anna sia una forma del nome greco Ἄννα (Anna) che significa "favorita", ma sicuramente la lingua greca mutuò il nome Ἄννα dall’Hannah ebraico. Nel corso dei secoli, il nome Anna è stato adottato da molte culture diverse, e ha assunto molte forme in molte lingue diverse. In francese, il nome si è evoluto in francese in Anne, Hannah, Anaïs; in inglese in Hannah, Anna, Ann o Anne; in tedesco in Hanna, Hannah, Hanne; in arabo in آنا; in spagnolo in Ana etc. Il nome Anna, che ha la particolarità di essere palindromo, cioè non cambia se viene letto in uno o nell'altro senso, è stato il secondo nome più diffuso in Italia nel XX secolo e tra i più diffusi anche nel XXI secolo.  L’onomastico viene festeggiato il 26 luglio, in memoria di Sant'Anna, madre della Madonna. Diminutivi e vezzeggiativi del nome Anna: Annarella, Annetta, Annina, Annuccia, Anni, Annj, Anny, Annie… Al nome Anna viene associato il colore bianco, simbolo di purezza e di perfetto.equilibrio.

ANTONIO

L'etimologia del nome Antonio ci riporta al latino "Antonius", un nome comune nell'antica Roma  derivato dalla radice "anton-" di origine probabilmente etrusca che significa "inestimabile, prezioso, degno di onore". Dal Rinascimento, questo nome è stato arbitrariamente accostato all'etimo greco άνθος (ánthos) cioè "fiore", da cui discende invece il nome Anto. Il più famoso portatore del nome è stato Marco Antonio, generale e amante di Cleopatra nella vita di Cesare, ma ci sono stati molti altri personaggi storici e letterari noti con questo nome, come Antonio Ponz, Antonio de Ulloa, Antonio Machado, Antonio Vivaldi, Antonio Gramsci e molti altri. Oggi è ancora un nome popolare in molte culture e lingue, tra cui italiano, spagnolo, portoghese e in molte altre lingue. Il nome Antonio è anche associato a Sant'Antonio, un santo molto venerato nelle chiese cattoliche e ortodosse. Sant'Antonio fu un monaco e prete francescano, noto per la sua vita ascetica e per i suoi miracoli. Il giorno del suo onomastico è il 13 giugno e in molti paesi ci sono celebrazioni e feste in suo onore. In molte culture Sant'Antonio è venerato come il santo degli animali e dei bambini smarriti. Inoltre, è considerato il protettore degli sposi, degli affari e della buona fortuna. Oggi è un nome comune anche nei paesi di lingua inglese, portoghese, spagnolo ed italiano; infatti, essendo un nome di origine latina, è molto diffuso in tutta Europa, America Latina, Africa e Asia. In alcuni paesi, come l'Italia, il nome Antonio è stato uno dei nomi più comuni per molti secoli e ancora oggi è molto popolare. In altri paesi, come gli Stati Uniti, il nome Antonio è stato introdotto da immigrati di origine latina e anche lì è molto diffuso. Il colore che viene associato al nome Antonio è il giallo, indica la gioia, l'energia, positività e la felicità, la pietra preziosa associata a questo nome è il topazio, una pietra portafortuna, simbolo della saggezza e della generosità. Varianti del nome Antonio: Toni, Tonuccio, Tonino, Totò etc. Al femminile: Nina, Antonina, Antonita, Antonella, Tonia.

MARIA

L'etimologia del nome Maria ci riporta all'ebraico מִרְיָם (Miryam), nome femminile molto antico e diffuso nell'Antico Testamento, in seguito assorbito dal greco come Μαριαμ (Mariam) o come Μαρία (María) ed, infine dal latino Maria. Il nome originale ebraico è composto dalle due radici "m-r" che significa "amare" e "-y-m" che significa "Dio", quindi il significato del nome originale ebraico è "amata da Dio" o "ambita da Dio". Vi sono, invero, altre interpretazioni etimologiche, più o meno plausibili: una per tutte è indicata da alcuni rabbini che fanno derivare il nome Miryam dalla radice ebraica "mrr" = "essere amaro". Questa soluzione etimologica è fondata sull'ipotesi che a Maria, sorella di Mose`, fu dato questo nome perché, quando nacque, il Faraone iniziò a rendere amara la vita degli Israeliti , e prese la decisione di uccidere i bambini ebrei. Nell'Antico Testamento, Miriam è la sorella di Mosè e Aronne, una leader spirituale e profetessa del popolo ebraico. Nel libro dell'Esodo, Miriam è descritta come una cantante e danzatrice che celebra la liberazione del popolo ebraico dall'Egitto e in alcuni passi dell'Antico Testamento, Miriam è descritta come una profetessa, una leader spirituale e una guida per il suo popolo. Nel Nuovo Testamento, Maria è la madre di Gesù e figura centrale nella narrazione della vita di Cristo. È descritta come una donna virtuosa, fedele e devota, scelta da Dio per diventare la madre del Suo Figlio. Maria è una donna umile e fedele, che accetta con fede e obbedienza la volontà di Dio per la sua vita. Nel corso dei secoli, il nome Maria è stato tradotto in molte lingue e ha dato origine a molte varianti. Nel mondo cristiano, Maria è venerata come la Madre di Gesù e la Vergine Maria è una figura importante nella devozione popolare e nell'arte cristiana, rappresentata spesso in dipinti, sculture e icone. La devozione mariana è una caratteristica rilevante del cristianesimo cattolico e ortodosso, e Maria è venerata come colei che intercede presso Dio e come esempio di fede e devozione. Esistono molte varianti del nome Maria in tutto il mondo, in molte lingue e culture diverse. In molte lingue europee, come tedesco, francese, inglese, spagnolo e italiano, esistono varie forme del nome, come Marie, Mary, Maria, Mariah, etc. Esistono molte varianti del nome Maria anche in molte culture e lingue non europee, come Maryam in arabo, Mariam in armeno, Mariya in russo, e così via. L'onomastico per la Chiesa cattolica si festeggia il 12 settembre, giorno della festa del Santissimo Nome di Maria, oppure l'8 settembre, festa della Natività della Beata Vergine Maria, o ancora il 22 agosto, festa della Beata Vergine Maria Regina. Nella Chiesa ortodossa si festeggia invece il 15 agosto (Dormizione di Maria) e l’8 settembre (nascita di Maria). Fra le numerosissime forme diminutive e vezzeggiative femminili: Mariella Marietta Mariettina Mariolina Mariola Mariuccia Mariuccella Mariuccina Mariuzza; Mari Marion Mariù Mary.

GIUSEPPE

L'etimologia del nome proprio Giuseppe ci riporta all'ebraico יוֹסֵף‎ (Yosef), basato sul verbo yasaph, che significa "Dio aumenterà" o "Dio aggiungerà". Il nome è composto dalle due parole ebraiche yoshef che significa aggiungere e El che significa Dio. In questo senso, il significato del nome è quello di "qualcuno al quale Dio aumenterà o aggiungerà qualcosa alla vita." Nella Bibbia, Giuseppe è il figlio di Giacobbe e di Rachele, famoso per essere stato venduto come schiavo dai suoi fratelli, ma poi, divenne un importante funzionario d'Egitto. Egli interpretò i sogni del faraone e fu uno dei più importanti suoi consiglieri. Durante una carestia in Egitto, Giuseppe riunì la sua famiglia e li salvò dalla fame, diventando così un simbolo di saggezza e provvidenza. Il nome Giuseppe è stato molto popolare in Italia sin dal Medioevo. E' uno dei nomi più diffusi e tradizionali perché portato da San Giuseppe, il marito di Maria e padre putativo di Gesù, il cui onomastico si festeggia il 19 marzo, in coincidenza con la moderna "Festa del Papà". Appunto per questo, il nome è stato particolarmente popolare tra i cristiani cattolici in Italia, infatti il nome Giuseppe è portato anche da molti altri santi e beati, tra cui San Giuseppe Cafasso, San Giuseppe Moscati e San Giuseppe Benedetto Cottolengo, mentre tra personaggi della storia e della cultura italiana, non si possono non menzionare Giuseppe Verdi, Giuseppe Mazzini e Giuseppe Garibaldi (Giuseppe è stato il nome proprio maschile più diffuso in Italia nel XX secolo). Tra i diminuitivi del nome Giuseppe, ricordiamo Pino, Pippo, Peppe, Beppe, Pepè, Geppino, Geppetto.

INCHIOSTRO

L'etimologia della parola inchiostro risale al latino encaustum e al greco ἔγκαυστον (encauston), che significa bruciato o cotto. Infatti, in origine l'inchiostro era ottenuto tramite la cottura di una miscela di nerofumo e gomma arabica. Successivamente, con il passare del tempo, l'inchiostro è stato prodotto con diverse composizioni e colori, attraverso procedimenti chimici e tecnologici sempre più complessi e raffinati. Un'altra possibile derivazione del termine "inchiostro" potrebbe essere individuata nell'unione delle parole latine  in- claustro cioè all'interno del chiostro dei monasteri con riferimento ai monasteri della tarda latinità nei quali i monaci amanuensi facevano larghissimo uso di inchiostri variopinti. L'inchiostro ha origini antichissime e da millenni è il supporto fondamentale ed insostituibile della scrittura e del pensiero. Le miscele di inchiostro, se mal preparate, potevano causare problemi come cancellarsi, spandersi, essere sensibili alla luce, all'umidità, provocare muffe, cambiare colore e infine provocare anche gravi e irrimediabili danni di corrosione ai supporti utilizzati. Questo poteva accadere subito dopo l'essiccazione oppure in un tempo più o meno lontano, a seconda delle reazioni chimiche indotte. Nel corso dei secoli, sono state sperimentate diverse miscele vegetali per rendere l'inchiostro più stabile nel tempo e meno sensibile all'umidità. Ad esempio, l'aggiunta di solfato all'inchiostro nerofumo produceva vari ossidi di ferro che penetravano nelle fibre della carta e lasciavano tracce indelebili. Successivamente, intorno al 1100, è stato ulteriormente perfezionato l'inchiostro ferro-gallico, ricavato dalle noci di galla in soluzione coi sali di ferro. Una sua variante prevedeva la soluzione anche con solfato di ferro e vetriolo. Per ottenere colori diversi, come rosso e blu, sono stati utilizzati pigmenti naturali come il legno del Brasile, la cocciniglia e l'indigo. Ad esempio, il legno polverizzato veniva lasciato per molti giorni a bagno nell'aceto o nell'urina e poi mescolato con gomma arabica per ottenere un bell'inchiostro rosso fuoco. Tuttavia, questi tipi di inchiostro tendevano col tempo e con l'esposizione alla luce, a sbiadire. In generale, l'inchiostro è stato costantemente sperimentato e perfezionato nel corso dei secoli per rendere la scrittura più stabile e duratura, nonché per creare colori più brillanti e resistenti.

MONELLO

L'etimologia della parola monello è legata alla sua origine dialettale, specificamente al dialetto napoletano, dove la parola monnello deriva dal latino monellus che significa fanciullo o ragazzo. Il termine "monnello" è stato utilizzato per descrivere un fanciullo indisciplinato o un ragazzo che si comporta in modo irrequieto o ribelle. Il termine latino "monellus" deriva dal verbo latino monēre che significa avvisare o ammonire, e quindi il significato originale di "monellus" potrebbe essere interpretato come "colui che non segue gli avvisi" o "colui che non ascolta le ammonizioni". Con il tempo, il significato di monello si è evoluto per indicare un giovane, un adolescente ribelle o indisciplinato. Nel corso del tempo la parola monello è stata utilizzata anche in altre zone d'Italia, diffondendosi con il significato di fanciullo indisciplinato.  Un'ulteriore interpretazione e etimologica  vede nel latino monedula cioè gazza una possibile derivazione della parola monello, nel senso che il monello è un ragazzo altrettanto vivace e briccone quanto la gazza.

TEPPISTA

L'etimologia della parola teppista risale alla voce dialettale ottocentesca milanese tèpa (italianizzata in teppa) che indicava il tappeto erboso, misto a pietre ed a muschio, che cresceva sul terreno attorno al castello Sforzesco di Milano. Qui si riuniva la cosiddetta  "Compagnia della Teppa", formata da patrioti antiaustriaci dediti ad atti vandalici , a furti a prepotenze ed a bravate goliardiche. Nel linguaggio odierno, teppista è sinonimo di vandalo, violento, prepotente, canaglia, bullo...

COMMEDIA

Lo studio etimologico della parola commedia, in greco antico κωμῳδία (cōmōdìa), è moto interessante: esso, infatti, ci riconduce all'unione di altre due parole greche, κῶμος (kômos) = corteo festivo" + ᾠδή (ōdé) = canto. Letteralmente, quindi, commedia significa "canto del corteo festivo", alludendo alle antiche feste propiziatorie tipiche dei culti dionisiaci.                                                                                      Un'altra interpretazione, individua l'etimologia della parola commedia nell'unione di κῶμη (kômē) = villaggio" + ᾠδή (ōdé) = canto, e quindi "canto del villaggio" riferendosi ai cortei festivi, probabilmente dedicati al dio Bacco che si svolgevano in ambienti rurali, nelle campagne e nei villaggi. La commedia si  caratterizza come un genere che suscita il riso, non essendo privo di situazioni e di espressioni buffe (appunto, comiche), di spunti satirici, licenziosi e burleschi.  Per questo motivo, il genere comico era considerato "medio", cioè a metà tra il tragico e l'elegiaco.              La commedia ha attraversato i secoli: a partire dalla commedia greca, al teatro comico romano, alla commedia elegiaca, alla commedia in volgare, alla "Commedia dell'Arte", per finire con la "commedia contemporanea". Nell'ambito di quest'ultima, distinguiamo la "commedia d'intreccio" , la "commedia di carattere" e la "commedia musicale".  Si tratta di opere teatrali o cinematografiche, per così dire, "leggere" dal momento che trattano storie sempre a lieto fine. 

TIRCHIO

Riguardo alla parola tirchio, tra le ipotesi etimologiche più accreditate troviamo:

  • quella che individua la sua origine nella voce dialettale toscana tirchio, dal greco thèriakós= ferino, selvaggio, che protegge aggressivamente il suo;
  • quella che individua la sua origine nel termine ticco, a sua volta dallo spagnolo tecco cioè bastone, pezzo di legno non lavorato, e quindi, in senso lato, gretto, rozzo, ostinato, duro (a privarsi del suo);
  • quella che individua la sua origine nella radice del verbo tirare; quindi, tirchio come tirato nello spendere o nel donare i suoi beni;
  • quella che individua la sua origine nel termine dialettale antico pirchio (maschile di perchia, a sua volta dal latino percula) cioè che inganna, alludendo a chi, pur essendo abbiente, si finge povero per timore di essere costretto a cedere, anche in minima parte, il suo patrimonio.

Mutatis mutandis, la parola tirchio è usata, in ogno caso, con accezione negativa, come sinonimo di avaro, spilorcio, taccagno, avido, per indicare persona che superando oltremodo il limite dell'oculatezza, si caratterizza per un attaccamento smodato a ciò che possiede, anche a costo di figure miserabili.

QUIZ

L'etimologia della parola quiz è incerta. Sappiamo che,  fin dal 1782, è stata introdotta in America per indicare una persona stravagante ed eccentrica. Solo nel 1807, il termine quiz fu utilizzato per indicare ciò che intendiamo oggi: un quesito, un indovinello. Probabilmente, quiz è una variazione di quis = chi (?), a sua volta dall'inglese inquisition = indagine, interrogativo, ed in, senso lato, quesito, questionario, domanda, enigma. In merito alle origini della parola quiz, circola anche una storiella, secondo la quale un impresario teatrale di Dublino, avrebbe scommesso di riuscire ad introdurre in un solo giorno nella parlata della propria città una nuova parola. Con una trovata geniale, l'uomo avrebbe scritto con vernice rossa, durante la notte, la parola QUIZ su tutti i muri cittadini; il giorno seguente, tutti si sarebbero chiesti il significato di di questa strana e sconosciuta parola, e quindi, da quel momento in poi, la parola quiz avrebbe assunto il significato di "rompicapo". Nel linguaggio odierno, anche nella lingua italiana, il forestierismo quiz è utilizzato per indicare un questionario, un test da sottoporre a dei candidati ad un esame o ad un concorso, oppure per indicare un test attitudinale; mentre, nel mondo dello spettacolo, il termine quiz (o telequiz) si usa per indicare una serie di domande o di enigmi cui i concorrenti debbono provare a rispondere per vincere la gara.

RICATTO

L'etimologia della parola ricatto (e del verbo ricattare) si riporta al latino, precisamente al latino volgare recaptare, composto dal prefisso iterativo re- e dal verbo captare (variante di capere) cioè prendere. Ricattare quindi, significa letteralmente ri-prendere, ri-prendersi, ri-ottenere qualcosa. Ma questo ottenimento è raggiunto sfruttando la posizione di vantaggio del ricattatore su quella di svantaggio del ricattato che, pur di evitare il male maggiore minacciato su cui fa leva il meccanismo ricattatorio,  cede "obtorto collo" all'imposizione subìta. Ricatto è sinonimo di estorsione, di costrizione fondata su una situazione di debolezza altrui; pertanto, in genere, è considerato atto indegno, frutto di comportamento sleale, se non disonesto. Da notare la similitudine della parola ricatto con la parola riscatto: il riscatto è il prezzo pagato dal ricattato per ri-prendersi, per ri-ottenere il controllo sul male minacciato.

DOGMA

L'etimologia della parola dogma ci riporta, senz'altro, al greco antico e precisamente al verbo δοκέω (dokeo) = decido, decreto, stabilisco, formulo un giudizio… da questo verbo il sostantivo δόγμα (dogma) cioè decisione,  giudizio, decreto. Il termine dogma, in origine, indicava un principio fondamentale,  stabilito con pronunciamento ufficiale di un'autorità ma, comunque, a seguito di una valutazione, di un discernimento intellettuale. Col passare dei secoli, a scapito dell'aspetto decisionale (che contiene anche un aspetto razionale) si è attribuito alla parola dogma l'aspetto assiomatico di verità assoluta, e indiscutibile, ed il termine è riferito principalmente alle "verità di fede":

<< In religioni come il Cristianesimo o l'Islam per dogma si intende un'affermazione che deriva da una rivelazione di Dio, e che può essere esplicita o implicita nella rivelazione. Il termine dogma viene assegnato a punti fermi teologici che sono considerati parte di un patrimonio dottrinale definitivo, anche se talvolta ottenuto a seguito di controversie (come le dispute cristiane sulla Trinità), al punto che una loro proposta di discussione o revisione significa che la persona non accetta più una certa religione come sua, o che è entrata in un periodo di crisi personale. Il dogma è distinto dalle opinioni teologiche nel senso che queste ultime non sono state oggetto di definizione da parte dell'autorità. Esistono dei criteri per determinare i dogmi: ad esempio nel cristianesimo un criterio tradizionale per stabilire se una dottrina è verità di fede è che essa sia stata creduta "da tutti, da sempre, ovunque", stabilendo quindi come parametri validi l'antichità e il consenso universale. I dogmi possono essere ulteriormente chiarificati ed elaborati, ma non negati. Il rifiuto del dogma può portare all'esclusione dalla partecipazione al culto, anche se l'esercizio di tale pratica è variato notevolmente a seconda dei periodi e delle comunità religiose. >>

Il virgolettato è tratto da https://it.wikipedia.org/wiki/Dogma

Tirando la somme, per farla breve, i dogmi altro non sono che "punti fermi" di una teoria, di una dottrina sia laica, (come le dottrine filosofiche), sia religiosa (come le dottrine di fedi). Tali punti fermi possono essere sì oggetto di discussione, ove con tale termine si intenda argomentazione, ma mai negazione o rifiuto. In campo scientifico-matematico, al termine dogma si preferisce quello di "assioma".

Piccola chiosa dell'autore:

Se è vero che ad una visione dogmatica della realtà viene spontaneo  attribuire una valutazione prevalentemente negativa, stessa valutazione si potrebbe attribuire al cosiddetto "relativismo". Il punto è che, per sostenere qualsiasi discorso, qualsiasi tesi, si deve necessariamente partire da qualche punto fermo nel quale ancorare le affermazioni su cui la tesi è costruita. Se un'atteggiamento estremamente dogmatico gioca a scapito della capacità critica di chi lo assuma, è pur vero che, una visione estremamente relativistica della realtà, finisce anch'essa per essere assolutamente dogmatica, nella misura in cui assume dogmaticamente che tutto sia necessariamente relativo. Per concludere, alla domanda - sei dogmatico o relativista ? - preferisco rispondere: con un (apparente) ossimoro - relativamente dogmatico -  V.D.

OLIGARCA

L'etimologia della parola oligarca ci riporta al greco antico ὀλιγάρχης (oligàrches), a sua volta risultante dall'unione di ὀλίγοι (òligoi) = pochi e ἀρχή (archè) = governo; cioè "governo di pochi".

La parola oligarchia non indica necessariamente una specifica forma di stato o di governo, ma soltanto che "il potere è detenuto da un gruppo ristretto tendenzialmente chiuso, omogeneo, coeso e stabile, che lo esercita nel proprio interesse". Di conseguenza, essa può essere usata anche al di fuori dell'ambito politico: si può parlare, ad esempio, di oligarchie economiche, finanziarie, burocratiche, militari, etc.

In epoca moderna, specialmente in Occidente, si afferma la forma di governo democratica e, la convinzione che un governo di pochi sia, in quanto tale, un cattivo governo, mentre un governo buono è quello in cui sono "i molti" (la maggioranza) a governare. In realtà, anche in un governo "democratico" il potere è esercitato da un gruppo ristretto; ma nelle democrazie il gruppo che governa è scelto e legittimato per mezzo di elezioni, esiste un'opposizione che lo controlla e che potrebbe sostituirlo, e sono garantite le libertà politiche per la generalità dei cittadini.

Alla fine, ritroviamo i cosiddetti "oligarchi" sia nei regimi  cosiddetti "autocratici", in quanto imposti dal dittatore che in cambio ne riceve l'appoggio politico e tecnico-operativo, sia nei regimi  cosiddetti "democratici", Sono gli "ottimati" fattisi strada in vari modi (più o meno leciti e trasparenti) ed attraverso  i vari canali  di potere relativi agli ambiti entro i quali operano (politica, economia, finanza, comunicazione etc.).

BISBETICO

L'etimologia della parola bisbetico è da ricollegarsi al greco antico e più precisamente all'unione di due parole greche: ἀμφις (amphis) = separatamenteβαίνω (baino) = io vado, da cui ἀμϕισβητικός  (amphisbeticòs) = colui che procede separatamente, da due [diverse] parti. In senso ampio, litigioso, lunatico, scontroso, capriccioso, scontento, incontentabile, stizzoso, etc... Al di là da ogni aspetto maschilistico o misogino, risponde al vero prendere atto che l'aggettivo, apparso nella lingua italiana intorno al sec. XVII, è declinato molto più al femminile piuttosto che al maschile. Esempio ne è la famosissima commedia, composta da Shakespeare intorno al 1594, "The Taming of the Shrew" (L'addomesticamento della bisbetica), titolo poi tradotto in lingua italiana come " La bisbetica domata", ove si narra delle vicende di Petruccio, avventuriero veronese, che sposa, allettato dalla sua dote, l'intrattabile Caterina di Padova.  Alla fine, Petruccio riesce a soggiogarla.

NOSTALGIA

L'etimologia della parola nostalgia ci riporta al greco antico e più precisamente all'unione di due parole: νόστος (nostos) = ritornoάλγος (algos) = dolore. Pertanto, letteralmente nostalgia vuol dire dolore del ritorno (o meglio dolore per non poter tornare indietro nel tempo e/o nello spazio )

" Il termine nostalgia in sé, pur derivato dal greco come molti termini scientifici, era sconosciuto al mondo greco. Entra nel vocabolario europeo nel XVII secolo, per opera di uno studente di medicina alsaziano dell'Università di Basilea, Johannes Hofer, il quale, constatando le sofferenze dei mercenari svizzeri al servizio del re di Francia Luigi XIV, costretti a stare a lungo lontani dai monti e dalle vallate della loro patria, dedicò a questo fenomeno una tesi, pubblicata a Basilea nel 1688 con il titolo "Dissertazione medica sulla nostalgia". Con questo termine greco di nuovo conio, infatti, Hofer traduce nel linguaggio scientifico l'espressione francese «mal du pays» e il termine tedesco «Heimweh» (letteralmente dolore per la casa), ancor oggi utilizzati nelle rispettive lingue. Tale stato patologico era così grave che spesso portava alla morte i soggetti che ne erano colpiti e nessun intervento medico valeva a ridare loro le forze e la salute a meno che non li si riportasse verso casa. A partire dalla fine del XVIII secolo e soprattutto nella prima metà del secolo successivo, accanto all'interesse medico, la nostalgia convoglia notevoli attenzioni in ambito poetico e musicale, in corrispondenza con l'ondata migratoria dall'Est Europa. Tuttavia, è soltanto a partire da Charles Baudelaire che il termine si libera dal riferimento a precisi luoghi o al passato infantile, per assurgere a condizione di anelito indefinito. Con l’età del Romanticismo, il pensiero del ritorno all’infanzia e del ricordo del proprio passato si caricò di tensione eroica e drammatica, diventando inoltre un fondamento indiretto per i nazionalismi che stavano nascendo in quel periodo in tutta Europa. Ma fu solo con la fine del secolo e con gli albori della società di massa, che la nostalgia assunse le caratteristiche peculiari con cui si identifica ancora oggi come Svetlana Boym, nel testo Ipocondria del cuore: nostalgia, storia e memoria, spiega: «La nostalgia come emozione storica raggiunge la maggiore età in epoca romantica ed è contemporanea alla nascita della cultura di massa. Ebbe inizio con l’affermarsi del ricordo dell’inizio del XIX secolo che trasformò la cultura da salotto degli abitanti delle città e dei proprietari terrieri istruiti in una commemorazione rituale della giovinezza perduta, delle primavere perdute, delle danze perdute, delle occasioni perdute. […] Tuttavia questa trasformazione della cultura da salotto in souvenir era festosa, dinamica e interattiva; faceva parte di una teatralità sociale che trasformava la vita quotidiana in arte. […] Il malinconico senso di perdita si trasformò in uno stile, una moda di fine Ottocento.» " 

Il testo virgolettato è tratto da https://it.wikipedia.org/wiki/Nostalgia

TEATRO

L'etimologia della parola teatro ci riporta alla radice th- da cui il greco  ϑεάομαι (theaomai) = io guardo, io sono spettatore. Dalla stessa radice deriva anche il verbo greco θεωρεω (theoreo) = osservare, comprendere, intendere (da cui la parola teoria).

<< Il teatro comprende le arti tramite cui viene rappresentata, sotto forma di testo recitato o drammatizzazione scenica, una storia (un dramma, parola derivante dal verbo greco δραω (drao) = agisco). Una rappresentazione teatrale si svolge davanti ad un pubblico utilizzando una combinazione variabile di parola, gestualità, musica, danza, vocalità, suono e, potenzialmente, ogni altro elemento proveniente dalle altre arti performative.

Non sempre è necessaria la presenza di un testo: il movimento del corpo in uno spazio con fini artistici ed illustrativi, eseguito di fronte ad uno spettatore, è definito di per sé teatro. Oltre al teatro di prosa in cui la parola (scritta o improvvisata) è l'elemento più importante, il teatro può avere forme diverse l'opera cinese, il teatro dei burattini, la pantomima, che differiscono non solo per area di nascita, ma per il differente utilizzo sia delle componenti che costituiscono la rappresentazione, sia per i fini artistici che esse definiscono.

La particolare arte del rappresentare una storia tramite un testo o azioni sceniche è la recitazione, o arte drammatica. In molte lingue come il francese (jouer), l'inglese (to play), il russo (играть - pron. igrat'), il tedesco (spielen), l'ungherese (játszik) il verbo "recitare" coincide col verbo "giocare". Il termine italiano, invece, pone l'accento sulla finzione, sulla ripetizione del gesto o della parola o, secondo altre spiegazioni etimologiche, deriverebbe da un termine adoperato per indicare la retorica, e quindi la capacità di convincere il pubblico.

Come qualsiasi altra forma artistica e culturale anche il teatro si è evoluto dalle origini ad oggi, nelle diverse epoche e luoghi. La storia del teatro occidentale pone come origine di questa disciplina la rappresentazione teatrale nella cultura dell'antica Grecia: i precedenti esempi teatrali (Egitto, Etruria ed altri) ci aiutano a comprendere la nascita di questo genere, ma non vi sono sufficienti fonti per delinearne le caratteristiche. >>   

Il testo virgolettato è tratto da  https://it.wikipedia.org/wiki/Teatro

GIOIA

L'etimologia della parola gioia ci riconduce al francese antico joie, a sua volta dal latino gaudia, plurale di gaudium = gioia, piacere, godimento, allegrezza, contentezza, etc... Andando più a ritroso, troviamo come riferimento etimologico, il sanscrito gai, gāyati = cantare, nonché la radice indoeuropea gaud- (formata da  = alto + ud = canto). Da questa ricostruzione etimologica, la parola gioia nasconde l'idea di elevare un canto (di gioia, appunto) atto suscitato da spontanea reazione ad una forte emozione positiva di esultanza, di benessere, di appagamento, di felicità...

SEMPLICE

L'etimologia della parola semplice ci riporta al latino simplex = semplice, a sua volta dall'unione del prefisso sem- = uno solo (vedere  l'avverbio latino semel = una sola volta)  +  la radice plek-, che troviamo nel verbo latino plectĕre = piegare.  Pertanto, il significato originario dell'aggettivo semplice è "piegato una sola volta" cioè costituito da un solo elemento, unico. Il termine semplice, si contrappone a molteplice (nelle varie declinazioni: duplice, triplice...etc), e a complesso o complicato (cum + plectĕre = piegare più volte).
Nelle sue varie accezioni e nei sue vari usi, la parola semplice acquista sfumatura positiva, negativa o neutra. Senza dilungarci circa tutti i molteplici usi della parola semplice, di seguito, un paio di esempi: "un'impresa semplice" o "un compito semplice": qui, semplice è sinonimo di facile, agevole, elementare da realizzare; "una persona semplice": qui semplice è sinonimo di diretta, schietta, sincera, priva di doppiezze, naturale, sobria, frugale, ma è anche sinonimo di persona "alla buona", comune, ingenua, senza malizia.

UOVO

L'etimologia della parola uovo ci riporta al latino ovum ed al greco ὠόν (oon). Gli etimologi individuano anche nella forma sanscrita avjam (dalla radice protoindoeuropea av-, da cui anche il latino avis = uccello) un aggettivo che indica "ciò che  proviene dagli uccelli", per cui il significato originario del termine uovo sarebbe "prodotto dagli uccelli".
Presso tante civiltà antiche era diffuso il mito della nascita del Cosmo a partire da un uovo. Nell'immaginario collettivo l'uovo primordiale è l'archetipo che racchiude "in nuce" la molteplicità dell'Universo. Secondo molte antiche cosmogonie, l'uovo raffigura la totalità dalla quale avrà origine la realtà differenziata. Allo stesso modo, l'uovo è simbolo del rinnovamento ciclico della natura, rappresenta la rinascita ed è immagine di resurrezione e di immortalità, come espresso nella tradizione delle uova pasquali. 

DRAGO

L'etimologia della parola drago ci riporta ad un'antica radice sanscrita, drk- o derk-  che significa "vedere". Da essa il verbo greco δέρκομαι, (dérkomai) = guardare, da cui, finalmente,  δράκων (dràkon) = drago, rettile, serpente (cui veniva attribuito il potere di paralizzare con lo sguardo la sua preda per poi divorarla). Il latino draco, draconis, infine chiude il cerchio dell'excursus etimologico. Il drago è un animale mostruoso fantastico dall'aspetto simile ad un rettile, un gigantesco lucertolone ricoperto di squame, con ampie ali da pipistrello e dotato di possenti artigli che nell' immaginario collettivo è in grado di sputare fuoco, lanciando a grande distanza dalla bocca potentissime fiamme. Specialmente in occidente, il drago è simbolo archetipico delle forze del male oppure lo si trova come guardiano di un tesoro o di un bene che bisogna conquistare (ad esempio tra i tanti, ricordiamo, in ambito della cultura cristiana, il racconto di San Giorgio che uccide il drago o, andando ancora più indietro, in ambito della cultura pagana, il mito di Gilgamesh che uccide il drago che avvolge fra le sue spire l'albero sacro.)  In oriente, invece, il drago ha un valore simbolico decisamente benigno. E' simbolo archetipico di saggezza, di potenza, di forza vitale. I draghi hanno il potere di allontanare gli spiriti cattivi e di proteggere i giusti ed i più deboli; hanno potere sui mari, sui fiumi e sui laghi, sui fenomeni atmosferici  e sulla fertilità dei campi. A questa visione positiva del drago, corrisponde l'accezione  data, ai nostri giorni, all'utilizzo della parola drago attribuita ad una persona: "Essere un drago"  per indicare persona talmente dotata di qualità eccezionali in qualcosa, da essere un "mostro" (di bravura), o "un drago" rispetto ad una qualche abilità.

COMARE

L'etimologia della parola comare risale al latino cum + mater = con la madre, indicando la donna che si accompagna alla madre. In senso più ampio, comare indica una figura femminile familiare, un'amica stretta, la madrina, la testimone di nozze, una donna del vicinato con cui si è in confidenza. Andando non tanto indietro nel tempo, prima dell'avvento dei "social media" le comari costituivano l'intreccio del tessuto sociale delle piccole aggregazioni rionali. Tuttavia, utilizzato al plurale il termine assume una sfumatura negativa: le comari, generalmente donne attempate, molto spesso facenti parte del vicinato, sono nell'immaginario collettivo l'icona del pettegolezzo e del chiacchiericcio che può limitarsi al pregiudizio oppure sconfinare nella vera e propria diffamazione o  nella calunnia.

VACCINO

L'etimologia della parola vaccino risale all'aggettivo latino vaccinus = della vacca (sottinteso, vaiolo). Nel 1796, il medico britannico Edward Jenner utilizzò il termine vaccino la prima volta per indicare il materiale ottenuto dalle pustole di bovini ammalati di vaiolo bovino, infezione letale per i bovini ma lieve negli esseri umani. Lo scienziato intuì che, inoculando in soggetti umani il "vaccino", si otteneva in questi ultimi la produzione anticorpi specifici che assicurassero l'immunità anche per la letale variante umana del vaiolo.

In realtà, già nell'antichità (addirittura nel periodo delle guerre del Peloponneso - intorno al 400 a.C.), pur essendo totalmente all'oscuro delle moderne conoscenze immunologiche, si era osservato che chi si era ammalato di peste e ne era guarito aveva poche probabilità di ammalarsi una seconda volta.

Un secolo dopo, lo scienziato Louis Pasteur sperimentò che per ottenere l'immunità verso un patogeno si potevano usare preparazioni microbiche alterate usando midollo spinale di conigli infettati con la rabbia e bacilli di antrace riscaldati.

L'intuizione si rivelò perfettamente efficace, tant'è che nel 1980 si è pervenuti alla completa eradicazione del vaiolo.

A seconda della metodologia seguita per ottenerli, i vaccini si ottengono da:

  • organismi attenuati, come i vaccini per la poliomielite di Sabin (OPV), febbre gialla, morbillo, parotite, rosolia, varicella, rotavirus e vaiolo.
  • organismi inattivati o uccisi, come i vaccini per la rabbia, l'antipoliomielite di Salk (IPV), antinfluenzali, pertosse, colera, epatite A, febbre tifoide e peste;
  • antigeni purificati (o vaccini a subunità), come i vaccini (costituiti da anatossine) contro il tetano o la difterite;
  • antigeni ricombinanti e peptidi sintetici, come il vaccino contro l'epatite B;
  • vaccini a DNA o a RNA;
  • miscele adiuvanti e carriers proteici coniugati agli antigeni che consentono una maggiore risposta immunitaria e vengono spesso utilizzate nei vaccini contenenti antigeni polisaccaridici (più difficili da riconoscere per i linfociti) quali quelli contro meningococchi, pneumococchi ed Haemophilus influenzae di tipo B. Gli adiuvanti sono spesso inseriti anche nei vaccini antinfluenzali
Molti dei vaccini in uso oggi sono formati da virus attenuati o da virus inattivati e inducono una risposta umorale.                                                                                                                                         (fonte:  https://it.wikipedia.org/wiki/Vaccino)

Di seguito, si riportano alcuni dati che illustrano l'andamento di varie patologie in territorio statunitense prima e dopo la commercializzazione del relativo vaccino:

PatologiaNumero massimo di casi (anno)Numero di casi nel 2009Variazione percentuale
Difterite206.939 (1921)0-99,99
Morbillo894.134 (1941)61-99,99
Parotite152.209 (1968)982-99,35
Pertosse265.269 (1934)13.506-94,72
Poliomielite (paralitica)21.269 (1952)0-100,00
Rosolia57.686 (1969)4-99,99
Tetano1.560 (1923)14-99,99
Epatite B26.611 (1985)3.020-87.66

(fonte:  https://it.wikipedia.org/wiki/Vaccino)

CIÒ

L'etimologia della parola ciò risale senza dubbio al latino  ĕcce hŏc = ecco questo.  "Ciò" è usato sia come sostitutivo del soggetto sia come sostitutivo del complemento. 

Alcuni esempi:

Tutto ciò (soggetto) non corrisponde a verità;

Ho intuito ciò (complemento oggetto) che mi volevi nascondere;

Abbiamo discusso di ciò (complemento di argomento) che è accaduto ieri.

Unito alla terza persona singolare del verbo essere, diviene cioè = vale a dire

Preceduto dalla preposizione per, diviene perciò = per tale/i causa/e, motivo/i, fine/i...

Preceduto da con tutto oppure da nonostante, diviene "con tutto ciò" oppure "nonostante ciò" (valore avversativo/concessivo).

METODO

L'etimologia della parola metodo si riconduce, senza ombra di dubbio, al greco  μέϑοδος (methodos), dall'unione del prefisso μετα (meta) = oltre + il sostantivo  ὁδός (odos) = strada. Pertanto, metodo significa letteralmente "strada attraverso cui si va oltre".                                                             

Nel linguaggio comune, metodo è sinonimo di procedimento, criterio, strategia, sistema. 

Il vocabolario online Garzanti Linguistica definisce così la parola metodo: "insieme organico di regole e di principi in base al quale si svolge un’attività teorica o pratica; modo di procedere razionale per raggiungere determinati risultati" (fonte: https://www.garzantilinguistica.it/ricerca/?q=metodo).

OSCENO

L'etimologia della parola osceno è alquanto incerta. Premettendo che non si trova riscontro etimologico della diffusa interpretazione che riconduce il termine osceno al significato di "fuori dalla scena",  le  due più plausibili ipotesi etimologiche sono:

  • dal verbo latino ob-scaevare  (da ob + scaevus sinistro) cioè "portare cattivo augurio";
  • dal latino ob  o obs = a cagione dicoenum = fango, melma cioè  sporco, immondo, sozzo  ed, in senso lato, senza pudore, disonesto.
Nel linguaggio corrente, il termine osceno è riferito soprattutto all'ambito sessuale, quale sinonimo di turpe, impudico, pornografico. Tuttavia, l'aggettivo osceno è utilizzato, in senso più ampio, per indicare  qualsiasi fatto o atto vergognoso, indecente, scandaloso, volgare, depravato etc...

ASSEMBRAMENTO

L'etimologia della parola assembramento si riconduce al latino  adsimulare o assimulare, dall'unione del prefisso ad = verso + simul = insieme + are (suffisso verbale), poi acquisito dal francese assemblerL'assimulamento o, più modernamente, l'assembramento è sinonimo di riunione occasionale.
Oggi è usato prevalentemente nella forma riflessiva assembrarsi cioè radunarsi, affollarsiI dizionari sincronici contemporanei segnalano per assembramento  due significati: 
  1. nell’uso comune, assembramento identifica una ‘riunione, affollamento disordinato di persone, specialmente in luogo aperto’ (Garzanti 2017);
  2. un ‘raggruppamento occasionale di persone in un luogo aperto per manifestazioni, spettacoli, ecc.’ e per estensione ‘affollamento, folla’ (Devoto-Oli 2020).

FARABUTTO

 L'etimologia della parola farabutto offre due interpretazioni altrettanto plausibili e valide:

- dallo spagnolo faraute, a sua volta dal francese hèraut = araldo, messaggero, mediatore; da cui,  nel  XVIII secolo la locuzione dialettale napoletana frabbotto/frabbutto, che acquista accezione dispregiativa significando mezzano, imbroglione, persona di malaffare

dall'olandese vrij-buiter da cui l'inglese freebooter  = bottino libero, col significato di filibustiere, canaglia, mascalzone...

Anche nel linguaggio corrente ha prevalso la connotazione fortemente negativa tant'è che l'epiteto di farabutto è utilizzato per indicare  uomo (non esiste una declinazione al femminile) spregevole, sleale e senza scrupoli.

EQUIVOCO

L'etimologia della parola equivoco, non lascia spazio ad equivoci... Si ricollega, senz'altro, al latino aequus = uguale + vocare = chiamare. In pratica, gli equivoci, cioè le "parole uguali", vale a dire ambivalenti, ambigue, che offrono diverse possibilità di interpretazione, oppure intere frasi equivoche, cioè passibili di diverse interpretazioni, possono generare errori nella comunicazione con conseguenze non sempre banali.                   

Nella lingua italiana esistono parole che si prestano, di per sé stesse, ad opposta interpretazione. Questo fenomeno viene chiamato "enantiosemia".

Ecco alcuni esempi di "enantiósemi", cioè parole che hanno in sé significati antitetici:

feriale può significare sia festivo (come in periodo feriale, cioè delle ferie) sia lavorativo (come in giorni feriali, cioè "giorni di lavoro");

ospite può significare sia chi ospita sia chi è ospitato;

spolverare può significare sia toglier la polvere (come in spolverare un mobile) sia mettere la polvere (come in spolverare un dolce di zucchero);

tirare può significare sia lanciare via (come in tirare un sasso) sia attrarre a sé (come in tirare a sé il tavolo);

affittare può significare sia dare in affitto sia prendere in affitto;

pauroso può significare sia che ha paura (come in persona paurosa) sia che incute paura (come in storia paurosa);

curioso può significare sia persona che suscita curiosità sia persona che prova curiosità.

ORIZZONTE

L'etimologia della parola orizzonte si riallaccia al latino horīzon -ontis, a sua volta dal greco ὁρίζων -οντος (orizon-orizontos), participio presente del verbo ορίζειν = delimitare. Dalla stessa radice, la parola greca όρος (όros) = confine. In realtà, ὁρίζων sottintende un'altra parola,  κύκλος (ciklos) = cerchio, circolo, in modo che la combinazione dei due termini letteralmente significa "cerchio estremo", alludendo alla linea a forma di arco di cerchio in cui, sembra che cielo e terra o cielo e mare si sfiorino.
Trattandosi di un'immagine altamente evocativa di simboli archetipici quali il Cielo, la Terra, il Mare, quella dell'orizzonte è stata utilizzata spesso in ambito poetico con grande efficacia: 

"Sempre caro mi fu quest'ermo colle,
E questa siepe, che da tanta parte
Dell'ultimo orizzonte il guardo esclude." 
(L'infinito - G.Leopardi)

In senso ampio, la parola orizzonte è attualmente utilizzata anche come sinonimo di prospettiva progettuale, panorama, prospettiva.

FASE

L'etimologia della parola fase è riconducibile al greco antico ϕάσις (phásis) = apparizione», a sua volta dal verbo ϕαίνομαι (pháinomai) = mostrarsi, apparire. Fase, pertanto, significa originariamente "ciò che si mostra, ciò che si presenta" in un determinato momento. In senso comune, la parola fase indica  un periodo, caratterizzato da un cambiamento rispetto a un periodo o stato precedente, e, in genere, ciascuno dei vari momenti di uno sviluppo storico, biologico, chimico, meccanico.

INVIDIA

L'etimologia della parola invidia ci riporta al latino, precisamente all'unione tra il prefisso in = sopravĭdēre = guardare. Letteralmente, guardare sopra; più liberamente, guardare con astio, guardar male... Infatti, l'invidia altro non è che quel sentimento di fastidio e di ostilità gelosa nei confronti di chi si ritiene abbia migliori qualità o più grandi ricchezze oppure nei confronti di chi è, a torto o a ragione, maggiormente apprezzato e stimato. Spesso l'invidia è correlata al timore di non poter raggiungere ciò che si desidera. In ambito religioso, l'invidia è uno dei sette peccati capitali contro la Carità che, nelle forme più accese, può associare all'odio anche il desiderio di distruzione. Viene sùbito in mente, il racconto biblico del primo omicidio dell'umanità, compiuto da Caino contro il fratello Abele, nei confronti del quale il fratricida nutriva un fortissimo sentimento di invidia dal momento che i doni di Abele erano più graditi al Signore rispetto ai suoi.