La mirra è una resina aromatica, estratta da un albero o arbusto del genere Commiphora, della famiglia delle Burseraceae. La specie più comune per la sua produzione è la Commiphora myrrha (diffusa in Somalia, Etiopia, Sudan, penisola arabica). A fine estate, la pianta fiorisce e sul tronco compaiono una serie di noduli, dai quali cola la mirra, in piccole gocce gialle, che vengono raccolte una volta seccate. L'origine della parola mirra è profondamente radicata nella famiglia delle lingue semitiche, dove si rintraccia nella radice m-r-r. Questa radice è associata al concetto di "amarezza", in riferimento sia al sapore caratteristico della mirra sia alla sua natura simbolica legata al dolore e alla purificazione. In Ebraico antico la parola mōr (מוֹר) indica chiaramente la mirra e compare frequentemente nei testi biblici, tra cui il Cantico dei Cantici (4:6: "Io andrò al monte della mirra, al colle dell'incenso") e nei riferimenti al culto del Tempio. Qui, la mirra è sinonimo di sacralità e preziosità. In aramaico, la parola mūrā (ܡܘܪܐ) mantiene il significato di "resina amara", sottolineandone l'uso rituale e medicinale. L'arabo murr (مرّ), che significa "amaro", denota sia il sapore della mirra sia il suo valore commerciale nel mondo arabo pre-islamico e islamico. La parola mirra venne adattata dal greco antico come μύρρα (mýrrha), con una variante parallela σμύρνα (smyrna). L'adozione della parola nel greco riflette l'importanza della resina nell'economia e nella cultura mediterranea. Erodoto (V secolo a.C.) descrive la mirra come una delle merci preziose trasportate lungo le rotte commerciali tra l'Arabia Felix (la moderna Penisola Arabica meridionale) e il mondo greco. La parola "smyrna" diede il nome alla famosa città di Smirne (oggi Izmir, in Turchia), un importante centro di commercio di spezie e resine aromatiche. Dal greco, la parola passò nel latino come myrrha, mantenendo il suo significato originario di "resina aromatica". Autori latini come Plinio il Vecchio, nelle sue Naturalis Historia, e Virgilio, nell’Eneide, citano la mirra sia come sostanza sacra sia come ingrediente per la fabbricazione di profumi nel Medio Oriente, in Egitto, e successivamente nel mondo greco-romano. Essa era utilizzata come: elemento rituale (in Egitto, la mirra era un ingrediente fondamentale nel processo di imbalsamazione. Era ritenuta essenziale per preservare il corpo, simboleggiando l'immortalità e il collegamento con il divino; come offerta religiosa (nelle culture mesopotamiche e semitiche, la mirra veniva bruciata come incenso durante i sacrifici, per onorare gli dèi e purificare gli ambienti sacri; come simbolo biblico (la mirra è menzionata nel Vangelo secondo Matteo (2:11) come uno dei doni offerti dai Magi a Gesù bambino, insieme all’oro e all’incenso. In questo contesto, simboleggia la mortalità di Cristo e prefigura la sua passione e morte). Gli antichi attribuivano alla mirra proprietà terapeutiche. Ippocrate, Galeno e Dioscoride la citano nei loro trattati di medicina. Era utilizzata per disinfettare ferite e prevenire infezioni, alleviare dolori e disturbi gastrointestinali, come ingrediente in unguenti e balsami per lenire la pelle. Riassumendo, questa resina è stata uno degli ingredienti più apprezzati nella fabbricazione di profumi fin dall’antichità. I Greci e i Romani ne facevano largo uso nei cosmetici, oli per il corpo e unguenti aromatici. Nel Medioevo, la mirra continuò a essere utilizzata sia per scopi religiosi sia medicinali. Divenne un simbolo della sofferenza di Cristo, evocando il sacrificio e la redenzione. Oggi la mirra è impiegata principalmente in fitoterapia, aromaterapia e nella produzione di cosmetici naturali. Ha anche un ruolo limitato nella produzione di incensi e profumi.
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