Nella lingua italiana, la parola dazio indica un'imposta, un diritto doganale applicato alla circolazione di beni, tipicamente nel contesto del commercio tra Stati o, in passato, tra diverse entità comunali. Il termine ha origine nel latino medievale datio (-onis), che inizialmente significava "dare, consegnare", da cui deriva anche la forma successiva datium (-ii). Le fonti lessicografiche moderne definiscono dazio come un'imposta indiretta sui consumi, che grava sul passaggio di beni tra Stati (dazio esterno o doganale) oppure, storicamente, tra comuni diversi (dazio interno). Possiamo distinguere vari tipi di dazi: d'importazione ed esportazione, d'entrata e d'uscita, e ancora tra dazi fiscali, pensati per generare entrate statali, e dazi economici, di tipo protettivo o industriale, mirati a difendere determinati settori produttivi nazionali. Nel latino classico, datio aveva un significato più ampio legato all'atto del "dare". Nel diritto romano si usava principalmente in due contesti: come "atto del dare", ad esempio in datio in solutum (pagamento in natura) e come "nomina", come in datio tutoris (nomina di un tutore). Durante il Medioevo, il significato di datio e della variante datium si restrinse, riferendosi in modo più preciso a un pagamento o contributo imposto da un'autorità. Così si è evoluto nel senso moderno di "tassa" o "dazio", riflettendo i cambiamenti nei sistemi fiscali e nelle pratiche amministrative dell'Europa post-romana. In quest'epoca troviamo proprio datium usato per indicare una tassa. Gli studi linguistici mostrano che il verbo latino dare, e quindi anche datio, ha origine dalla radice protoindoeuropea deh₃-. Il latino dare deriva dal protoitalico didō, a sua volta dal protoindoeuropeo dédeh₃ti, tutti con il significato di "dare". Numerose testimonianze storiche confermano l'uso diffuso del dazio come strumento fiscale nell'Italia medievale e rinascimentale. Siena, ad esempio, imponeva un dazio già nel XIII secolo. Milano possedeva una cinta daziaria (una sorta di confine doganale) e caselli daziari nel Medioevo. Anche Firenze faceva uso dei dazi, mentre Venezia ne dipendeva fortemente per le entrate derivanti dal commercio. Il termine gabella era usato in modo più ampio per indicare tasse e dazi, spesso come sinonimo o accanto a dazio. A Siena, per esempio, si parlava di Gabella, mentre a Bronte, in Sicilia, sono documentate sia le gabelle che i dazi. La presenza continua del termine dazio nei documenti storici di vari Stati italiani dimostra il suo ruolo duraturo come leva fiscale. L'esistenza di confini doganali interni e caselli daziari mette in luce la frammentazione politica dell'Italia per molti secoli. Tra il XVI e il XVIII secolo, nel periodo dominato dal mercantilismo, i dazi venivano utilizzati per proteggere le industrie nazionali e favorire l'accumulo di ricchezza attraverso surplus commerciali. Le potenze coloniali europee imponevano dazi per regolare gli scambi con le colonie, sempre a vantaggio della madrepatria. Nel XIX secolo, con l'ascesa del liberalismo economico, prese piede il libero scambio, come dimostrato dall'abolizione delle Corn Laws in Gran Bretagna nel 1846. Tuttavia, altri paesi come gli Stati Uniti e la Germania mantennero politiche protezionistiche per tutelare le loro industrie emergenti. Nel XX secolo, la Grande Depressione portò a un ritorno al protezionismo, culminato nello Smoot-Hawley Tariff Act del 1930, che aggravò la crisi economica mondiale. Dopo la Seconda Guerra Mondiale, si incentivò invece la riduzione dei dazi per stimolare il commercio internazionale. Nel XXI secolo, i dazi sono tornati sotto i riflettori a causa di nuove tensioni commerciali, come la guerra tariffaria tra Stati Uniti e Cina durante l'amministrazione Trump.
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