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STIMA/STIMARE, etimologia e significato

I termini stima e stimare derivano dal latino aestimare, da un più antico aestumare, a sua volta di origine piuttosto dubbia, per cui sono state proposte varie ipotesi: 

  • da aes, "rame", materiale di cui erano fatte le antiche monete romane di uso corrente, più un arcaico *temos, "tagliare", per cui "tagliare il rame", per coniare monete;
  • dalla radice proto-indoeuropea *heys-, "cercare, desiderare", dalla quale discendono anche il verbo aerusco, "mendicare"; il sanscrito इच्छति (iccháti), "desiderare"; il lituano ieškoti, "cercare";
  • dal greco antico εκτιμώ/εκτιμάω (ektimó/ektimáo), "stimare, tenere in alta considerazione", derivato da τῑμή (tīmḗ), "onore, stima", dalla radice proto-indoeuropea *kʷei-

A livello semantico, aestimare rimandava a una valutazione economica, ma anche a un giudizio più astratto di valore o apprezzamento. Da qui l'italiano ha derivato sia il sostantivo stima sia il verbo stimare, che mantengono l’impronta di questi significati originari, ampliandosi successivamente anche al valore morale e non solo economico. Durante il Medioevo, l’uso di stima in italiano si arricchì in vari contesti, specie con l’espansione dell’attività mercantile. I notai e i mercanti utilizzavano frequentemente il termine nei registri economici per indicare una valutazione approssimativa del valore di beni materiali. A partire dal XIV-XV secolo, stima acquisì anche un significato più astratto e non solo economico. Dante Alighieri, ad esempio, utilizzava termini derivati da aestimare con accezioni morali e sociali. Nella Divina Commedia, il concetto di "stima" poteva riferirsi sia al valore morale di una persona sia al suo onore. L’espansione del termine si intensificò tra il XVI e il XVII secolo, quando l’italiano conobbe una fase di standardizzazione e arricchimento lessicale. In questo periodo, stima si stabilizzò con significati variabili legati sia alla valutazione pratica (nel commercio e nelle attività notarili) sia all’apprezzamento morale, diventando una parola polisemica. 

Oggi stima è utilizzata in vari contesti, con le seguenti principali sfumature di significato: 

Stima economica e pratica: si parla di stima nel contesto delle assicurazioni, delle compravendite, delle perizie immobiliari, ecc. In tali ambiti, "fare una stima" si riferisce a una valutazione quantitativa, spesso basata su criteri standardizzati e procedure specifiche.

Stima come valutazione morale o sociale: nella lingua corrente, avere stima di qualcuno indica un rispetto che può essere legato sia al merito personale sia alle capacità professionali o alle qualità morali di una persona.

Stima in contesti scientifici e statistici: in statistica, la parola stima è associata alla "stima puntuale" o "stima intervallare," indicando una previsione o approssimazione quantitativa. Si tratta di un'estensione recente che deriva dalla lingua della scienza e della statistica, soprattutto con la diffusione della teoria delle probabilità e della statistica inferenziale.

Espressioni derivate: nella lingua italiana esistono numerose espressioni idiomatiche che fanno uso del termine, come fare una stima approssimativa, avere alta stima di qualcuno, e stimare qualcuno poco, ciascuna con significati distintivi che oscillano tra valutazioni materiali e morali.

Stimare

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