La parola italiana ozio deriva dal latino ōtium, che non significava affatto pigrizia o svogliatezza. Al contrario, era una condizione ideale, quella in cui il cittadino romano, liberato dagli affanni della vita pubblica o militare (negotium = non-ozio), poteva dedicarsi a ciò che conta davvero: la filosofia, la scrittura, lo studio, il contemplare la natura o le arti. Il grande Cicerone diceva: "Otium sine litteris mors est"(L’ozio senza gli studi è morte), il vero ozio è quello colto, non l’inattività. Gli studiosi pensano che ōtium potrebbe derivare da una radice indoeuropea antichissima, qualcosa come *h₂ewd-, che significava gioia, benessere interiore, soddisfazione. Una radice che troviamo anche in parole come audacia (dal latino audēre, osare con piacere), gaudio (dal latino gaudium, gioia), edonismo (dal greco hedonḗ, piacere).Secondo questa interpretazione, ōtium sarebbe quindi lo spazio di piacere mentale e spirituale, non una semplice pausa ma un tempo qualitativo. Un tempo “vuoto” solo in apparenza, ma in realtà pieno di sé. Come già accennato, i Romani crearono la parola “negotium” (negozio, affare) quale negazione di otium. In pratica: Ōtium = la quiete, il tempo libero, Negotium = la non-quiete, l’attività obbligata, il lavoro. Infatti, nel nostro mondo moderno la parola “negozio” ha ereditato proprio quella fatica, quel correre, quel vendere e comprare, che i Romani legavano al disvalore della vita troppo attiva. Con l’arrivo del Cristianesimo, però, tutto cambia. Il tempo “vuoto” diventa pericoloso: ozio inizia a essere visto come la porta dei vizi, la madre dell’accidia (una sorta di apatia spirituale), e quindi una colpa morale. Da qui il celebre detto medievale: "Otium est fomes vitiorum" (L’ozio è il focolare dei vizi). Così, quella che era un’alta virtù intellettuale per i Romani diventa, nel Medioevo, una debolezza da evitare. Oggi, in un’epoca di iperattività e stress cronico, riscoprire il vero senso dell’ozio può essere quasi un atto rivoluzionario.
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